Il marchio “Arbos biciclette e accessori" venne depositato a Piacenza, su iniziativa del meccanico Araldi, nel 1947. Araldi aveva bottega in Via Cavour 41 insieme al socio Boselli. Arbos è quindi l’acronimo dei due soci fondatori mentre Il marchio è una foglia d’Edera verde in campo avorio, simbolo di eternità. Per l’epoca le Arbos erano biciclette all’avanguardia, sia per la costruzione del telaio che per la componentistica.
1949 ammiraglia Arbos al 32° Giro d'Italia, il DS Mario Giumanini, Logli, Zanazzi, Casellucci, Paolieri e Volpi.
Inizialmente la Arbos sorgeva presso la ditta di Boselli, in via Benedettine, dove però non si fabbricavano i telai ma ci si limitava alla fase di assemblaggio. Alla fine del 1946 cominciò l’attività anche l’omonima equipe ciclistica, in un’epoca in cui tutte le formazioni professionistiche erano sponsorizzate dalle più importanti industrie del settore, come Bianchi, Atala e Benetto, per citarne alcune. Il quotidiano “Libertà” del 1° marzo 1947 titola “L’Arbos prima squadra iscritta a Sanremo” e prosegue “Ultima arrivata evangelicamente apre le iscrizioni alla Milano-Sanremo la squadra ciclistica dell’Arbos composta dagli italiani Generati, Marabelli, Nardini, Locatelli e Minorini; dai belgi Oliver, Sereu, Landayt, Decin e Stadsbaeder; dai lussomburghesi Diederich, Kirchen e Goldshaudt. L’Arbos non conosce indugi. Alla squadra chee difende i colori piacentini il nostro schietto augurio”.
Un deciso cambio di passo nella gestione societaria si ebbe intorno al 1949, con l’ingresso dell’ingegner Luigi Lodigiani, un importante industriale meccanico piacentino.
Lodigiani trasferì l’attività in via Cornelio Musso (San Lazzaro), nel complesso occupato dalla Bubba, azienda già di sua proprietà che fabbricava macchine agricole. La società assunse dunque la denominazione di Arbos-Bubba. In seguito il ramo produttivo delle biciclette tornò nel centro di Piacenza, in via delle Fornaci, per poi chiudere definitivamente nel 1957. Intanto, dalla ragione sociale scomparve il nome Bubba e l’Arbos proseguì la sua attività, limitata comunque alle macchine agricole, fino al 1994, quando dopo varie vicissitudini aziendali, cessò del tutto.
Parlando di Arbos non può essere tralasciata la storia della squadra professionistica (1947-1957), la prima formazione piacentina a gareggiare nella massima categoria. Il suo debutto ufficiale avvenne alla Milano-Rapallo del 1946, con alcuni corridori indipendenti (professionisti senza contratto). Iniziò così un’avventura agonistica lunga un decennio, che visse i suoi momenti più intensi in occasione delle partecipazioni al Giro d’Italia, nel quale debuttò nel 1947 sotto le insegne Arbos-Talbot.
Il primo successo di tappa arrivò già l’anno successivo per merito di Nero Logli, che si impose a Napoli battendo in volata Magni in una tappa che partiva da Bari e dopo 306 chilometri si concludeva nella città partenopea. Prima che la stagione giungesse al termine Volpi e Pezzi arricchirono il bottino concludendo al primo posto in due corse minori.
Nel 1949 il nuovo patron Lodigiani affidò a Mario Giumanini la conduzione della squadra, che da quel momento diventò una delle più importanti compagini professionistiche italiane, conquistando numerose vittorie in Italia e all’estero, grazie a campioni come lo svizzero Fritz Schaer, il toscano Primo Volpi e il laziale Bruno Monti.
Con regolarità di anno in anno giunsero brillanti affermazioni colte da più corridori, a dimostrazione della forza della squadra e la sua impostazione. Nessun leader in assoluto, ma tanti cacciatori di traguardi, specialmente passisti con quel tanto di sprint utile ad imporsi in volate non caotiche. Tra tutti va evidenziato il toscano Primo Volpi, fedelissime e vincente insieme a Bruno Monti (8 vittorie nel 1953). La stagione più felice fu senz’altro quella del 1955 con ben venti vittorie, raccolte da nove corridori.
Nel 1956 l’Arbos-Bif-Clement si presentò al via del 39° Giro d’Italia con grandi ambizioni, sostenute dall’eccellente stato di forma del suo capitano Pasquale Fornara.
In effetti, con il successo della cronometro Livorno-Lucca, il piemontese risalì in testa alla classifica, posizione che occupava ancora a sole tre giornate dal termine. Ma, nell’ultima tappa dolomitica, la Merano-Monte Bondone, accadde l’imprevedibile: sotto una vera e propria tormenta di neve, il lussemburghese Charly Gaul conquistò il traguardo in quota e la maglia rosa, mentre Fornara, vinto dal freddo e dalla fatica, si ritirò ad appena 500 metri dal traguardo. Così, in modo drammatico, svanì il sogno di portare la maglia rosa a Piacenza, e in pratica, si concluse la parabola agonistica della Arbos.