SUZZI

Cicli Suzzi / Biciclette a mano su misura / Imola, via del Fossato 21  / primi anni ’20 – anni ’80

Collaborazioni: Alpi / Peloso / Marnati / Pelà / Colnago / Patelli / Picchio

I Suzzi, padre e figlio, hanno venduto biciclette a ciclisti amatori e professionisti per oltre ’60 anni. Poche le informazioni che è stato possibile recuperare su questo noto marchio bolognese nonostante oggi sia molto apprezzato e ricercato dai collezionisti di bici da corsa d’epoca.
Diversamente dal figlio Alfredo che si limitò all’assemblaggio di telai costruiti da terzisti, Suzzi era conosciuto nel territorio per l’abilità nel saldare telai in acciaio, in particolare per la raffinata eleganza dei telai da passeggio. L’officina per l’assemblaggio si trovava a Imola, mentre il negozio era a Bologna in via del Fossato 21. Nella bottega di Bologna Alfredo offriva splendide bici assemblate con telai marchiati a proprio nome e costruiti da blasonati artigiani italiani, tra i quali Marnati, Alpi, Peloso, Colnago, Chiesa, Picchio, Patelli e Pelà. Abile meccanico, Alfredo segui per diversi anni anche il corridore Diego Ronchini.
I telai erano firmati con decals adesive o direttamente verniciate sul telaio, raramente veniva impresso anche l’acronimo AS sulla scatola del movimento centrale, lo stemma stemma araldico nei toni dell’azzurro ben si accostava al particolare viola dei suoi telai che li rendeva immediatamente riconoscibili.

Enrico Brizzi, proprietario insieme al fratello di una bici Suzzi, racconta:

Mi si è aperto il cuore nel trovare la scheda sul vostro sito sulla ditta Suzzi, un pezzo di storia cittadina.
Dopo lungo apprendistato ciclistico, mio fratello e io fummo ammessi, ormai adolescenti, a comprare due bici da lui, gioielli che conservo con gelosia e mi ripropongo di restaurare.
Il tratto distintivo del vecchio Suzzi, omone dalle mani a tenaglia e fervido bestemmiatore come da tradizione anarchica imolese, stava nel fatto che prima di cederti una delle sue bici ti faceva fare il giuramento: dovevi guardarlo negli occhi e stringergli la mano, promettendo che l’avresti trattata bene. “Perché a me mi puoi anche prendere per il culo che non m’importa, ma sulle bici c’è il nome del mio babbo, e con lui non si scherza!.

Alfredo Suzzi è scomparso nel 1998 all’età di 96 anni.

Suzzi corsa fine anni '40. Telaio per cambio Campagnolo a 2 leve costruito da Antonio Alpi. Foto Frameteller.

Bici marcata Suzzi del 1950/51 con il cambio Parigi Roubaix. Il telaio sembra essere un Testi.

 

 

Suzzi anni ’60, conservato. Telaio “Freccia” costruito alla Colnago. Foto Frameteller.

Dettagli di un telaio marcato Suzzi e costruito da Antonio Alpi.

 


 

Suzzi del 1968, conservato. Telaio costruito da Pelà.

 

Suzzi anni ’70, conservato. Telaio costruito da Peloso. Foto Frameteller

Suzzi primi anni ’70, conservato. Telaio costruito da Picchio.

 

 

Suzzi anni ’80. Telaio costruito da Marnati. Foto Troppebici

 

 


Suzzi anni ’70, conservato. Telaio costruito da Marnati. Foto Legendary Bike.

     

 

 


Suzzi anni 70, conservato. Telaio costruito da Peloso. Foto Katsarasj.

Suzzi, anni ’70, conservato. Telaio Peloso.

   

 


Suzzi,  fine anni ’70, conservato. Costruttore non identificato.


VICINI

Cicli Vicini / Biciclette a mano su misura / Milano Via Procaccini poi Piazza Gramsci / 1942 – ancora in attività

Fonti: Vicini / Corriere Cesenate, art. di Valentina Aliberti

Palmares: Giro d’Italia 1937 – 3° / 1940 – 4° / 1947 – 7° / 1950 – 18° / Tour de France 1937 – 2° / 1938 – 6 ° / Milano Sanremo 1939 – 5° / Giro della Toscana / Campione Italiano su strada nel 1939 / Giro di Toscana 1938 – 2°

 

Il 21 febbraio 1913 nacque a Martorano di Cesena Mario Vicini, un grande campione del ciclismo. Sulla bicicletta ha vissuto una vita e dalla bicicletta ha ritrovato la vita. Infatti da ragazzino, all’età di 15 anni era sempre malaticcio, soffriva di affezioni alle vie respiratorie e polmoniti. Le ricadute lo costrinsero a trascorrere i mesi invernali a letto costantemente assistito. Dopo una ricaduta particolarmente pesante il medico disse ai genitori che non sarebbe sopravvissuto ad una ulteriore crisi e si raccomandò che non facesse sforzi fisici di nessun tipo. Mario però appena messo uscito dal letto scassinò il lucchetto della bicicletta di suo padre e si lanciò per le strade bianche di Cesena, chilometri e chilometri tra nebbia e freddo spingendo sui pedali. In seguito a questo episodi non gli venne più nemmeno un raffreddore.

Dal 1932 Vicini cominciò a iscriversi alle prime gare ciclistiche e in seguito gareggiò per squadre blasonate come la Bianchi insieme a Cinelli, Ortelli e Olmo e partecipò come indipendente al Tour de France del 1937, arrivando secondo. Vinse molte altre gare e fu grande amico di Coppi. Come anche il suo amico e conterraneo Vito Ortelli e tanti altri ciclisti, qualche anno prima di ritirarsi dalle competizioni cominciò a progettare il proprio marchio di biciclette . Sponsorizzò alcune società sportive della città e aiutò il ciclismo femminile dando vita alla squadra rosa Alfa Lum.

Le prime biciclette Vicini le costruì per se stesso, negli spazi del suo negozio a Cesena, già a partire dal 1942. La prima bicicletta marcata con il suo nome fa la sua pubblica comparsa al Giro del Piemonte nel 1947. A quel tempo in molti cercarono di dissuaderlo dall’idea di costruire biciclette anche perché era appena cominciata l’era del motore con la Lambretta, ma Vicini tenne duro e nel 1948 aprì l’officina dove lavoravano con lui due giovani meccanici. Per tante biciclette vendute acquistava altro materiale per farne altre, così da non esporsi a debiti. Le bici per i da corsa erano costruite artigianalmente una ad una con telai Columbus e montate con gruppi Campagnolo. La concorrenza di Bianchi, Dei e Legnano era molto agguerrita ma nel giro di un decennio le bici Vicini dalla piccola città romagnola arrivarono ad essere vendute in tutto il centro Italia.

L’attività crebbe di anno in anno fino a diventare una grande azienda, negli anni ’90 in officina lavoravano 30 artigiani e dall’azienda uscivano circa 30.000 bici ogni anno, tra modelli da corsa per professionisti, mountain bike e bici da turismo.
Nonostante le grandi dimensioni Vicini cercò sempre di mantenere un approccio artigianale a condizione famigliare insieme con i figli Ottavio e Carla.

Mario Vicini si è spento nel dicembre del 1995, ancora oggi, foto dell’epoca, trofei, coppe e le magliette nel negozio di Vicini riportano il visitatore ai tempi eroici. Il reparto corse è seguito dai figli di Mario e dai nipoti Raffaele e Paola Vicini.

In occasione del centenario dalla nascita di Mario Vicini (21-02-1913), è stato creato un sito web dedicato che, con immagini e articoli, ripercorre gli avvenimenti della sua vita.

 

Vicini Tour de France 1977 – Foto ©speedbicycles.ch

 

Vicini Tour de France 1978

 

La bicicletta Vicini usata da Marco Pantani nel 1982 esposta al Museo Pantani di Cesenatico. Foto Rory Mason

Pubblicità Vicini C Record – Immagine Rory Mason

 

Vicini strada 1979 – Foto Troppebici

 

Vicini pista – Foto Andrea Bonfanti

 

Vicini strada anni ’80 – Foto Retrobike

 

Vicini C Record strada – Verniciatura di Mari Martini – Foto Specialecorsa

 

Vicini strada Columbus SLX congiunzioni Cinelli – Verniciatura di Mari Martini

 

La carriera agonistica.

 

Nel 1933 dilettante di quarta categoria con la Renato Serra, richiama l’attenzione del commissario della F.C.I. per l’Emilia Ferruccio Berti in virtù di coraggiose imprese e di un ottimo rendimento. Vicini ottiene 14 vittorie arrivando al traguardo in solitudine dopo aver piantato tutti in salita, in pianura, in discesa.

Il primo successo lo consegue a Roncofreddo nella Coppa del Rubicone, seguono le vittorie a Forlì, Ravenna, Savignano, Montescudo, Pesaro, Longiano, Bubano. Sul finire di stagione conquista la vittoria più bella nella Coppa Città di Cesena che vede in lizza i migliori dilettanti della regione. Queste gesta gli valgono larga popolarità e un notissimo meccanico di biciclette della sua città gliene costruisce una su misura offrendogli tutto il corredo necessario e la propria assistenza in corsa, addirittura su di lui vengono scritte poesie e cantate canzoni.

 

 

Nel 1934 presta servizio militare a Rimini riuscendo tuttavia a partecipare ad alcune corse, due delle quali lo vedono vittorioso per distacco. Nel 1932 ottiene 8 vittorie, tra le quali la Coppa Tamburini a Pesaro, il Circuito delle Camminate e il Giro delle Due Provincie Romagnole.

La carriera da professionista, che lo vede impegnato fino agli anni cinquanta, inizia nel 1936. Dopo una sfortunata Milano-Sanremo, partecipa al Giro d’Italia in cui è spesso in evidenza risultando 17° in classifica e 2° degli isolati. Nel 1937 è ingaggiato dalla Ganna e ancora una volta è sfortunato sia alla Milano-Sanremo sia al Giro d’Italia.

Nel Tour de France corre da isolato e si rivela uno dei più forti scalatori. Magnifico combattente, dominatore in salita, spericolato in discesa, brioso sul passo porta a termine la corsa classificandosi 1° degli isolati e 2° nella classifica generale. È l’anno del ritiro per caduta di Bartali maglia gialla, che gli diede la popolarità che ha accompagnato per il resto della sua carriera. Rimase infatti, soltanto lui a contrastare la vittoria al francese Roger Lapebie: si battè con forza, soprattutto per mantenere il posto d’onore finale che gli dette il primato nella categoria e lo fece tornare in Italia con l’aureola di un eroe che aveva parzialmente compensato la sfortunata prova di Bartali.

Nel 1938 passato alla Lygie ottiene uno strepitoso successo al Giro di Toscanaì relegando a più di undici minuti i più immediati inseguitori. In seguito risulta in bella evidenza fin dalle prime battute al Giro d’Italia dove vince la seconda tappa conquistando la maglia rosa. Ma questa corsa sembra stregata per lui: pochi giorni dopo cade in discesa ed è costretto al ritiro. Ritorna al Tour e si classifica 6° un piazzamento ottimo ma al di sotto delle sue possibilità: con maggior fortuna avrebbe potuto concludere alle spalle del vincitore Bartali. Selezionato per i mondiali di Valkenburg deve ritirarsi per la rottura di un forcellino.

 

 

Nel 1939, sempre con la Lygie, dopo essere stato battuto in volata da Bartali al Giro di Toscana, è finalmente tra i protagonisti del Giro d’Italia classificandosi 3°. Durante l’estate veste la maglia tricolore risultando primo nella classifica del campionato italiano disputato in tre prove di cui una, il Giro del Lazio, lo vede vittorioso: è il primo corridore romagnolo a laurearsi campione italiano dei professionisti.
Nel 1940 corre con la Bianchi: entusiasma alla Settimana ciclistica di Tripoli, si aggiudica l’impegnativa Coppa Marin a Padova, il circuito di Prato e due tappe consecutive al Giro d’Italia che porta a termine con un 4° posto in classifica. Dal 1940 al 1946, anche a causa della guerra, svolge un’attività discontinua che lo vede brillante protagonista della Gran Fondo delle Provincie Lombarde di 522 km (1941) primo nel G.P. Città di Rovigo (1942), secondo a Roma nel campionato italiano battuto in volata da Mario Ricci (1943). Non in forma partecipa con la Viscontea al primo Giro d’Italia del dopoguerra nel 1946 ritirandosi.

 

 

Lo smalto dei giorni migliori si sta offuscando, ma Gaibèra, facendo appello al temperamento, riesce ancora a proporre sprazzi di buon livello nel corso del 1947 al Giro del Piemonte (3° dopo una lunga fuga) e al Giro d’Italia che conclude al 7° posto dopo essersi prodigato per la vittoria di Coppi suo capitano nella Bianchi. Appesantito dall’età, non più uomo di punta nelle squadre in cui corre, il cesenate raccoglie pochi risultati di rilievo negli ultimi anni della sua lunga carriera. Tra questi meritano una citazione il 6° posto nella Sanremo del 1950 e, sempre nello stesso anno, il 18° nella classifica del Giro d’Italia in cui, pur condizionato come gregario, riesce ad esprimersi ancora con una condotta di corsa generosa e garibaldina che gli vale diversi piazzamenti.

Non abbandona tuttavia l’amata bici, continuando a pedalare per passione e laureandosi anche Campione del Mondo per veterani in Austria nel 1973.

 

1938, Vicini capitano della squadra Lygie. Anche Cimatti nella squadra.

Corse per la Gloria, la Lygie, la Bianchi, la Viscontea e la Vicini.
Fu Campione italiano su strada nel 1939.
Partecipò nove volte al Giro d’Italia vincendo tre tappe: Sanremo nel 1938 indossando anche la maglia rosa per un giorno, Trieste e Pieve di Cadore nel 1940. Si classificò terzo nel 1939, quarto nel 1940 e settimo nel 1947. Al Tour de France fu secondo nel 1937 dietro Roger Lapébie, e sesto nel 1938.
Vinse il Giro di Toscana nel 1938 ed il Giro del Lazio nel 1939. Fu anche settimo al Giro di Lombardia nel 1938 e quinto alla Milano-Sanremo nel 1939.

Palmares completo:
1935 1° nella Giro delle Province Romagnole (ITA)
1935 1° nella GP Città di Camaiore (ITA)
1936 3° nella Giro del Lazio (ITA)
1936 1° nella Giro delle Quattro Province (ITA)
1937 2° nella 3a tappa Giro d’Italia, Genova (ITA)
1937 3° nella 8a tappa Tour de France, Briançon (FRA)
1937 3° nella 14a tappa parte a Tour de France, Bourg-Madame (FRA)
1937 2° nella Classifica Generale Tour de France, Paris (FRA)
1937 2° nella Classifica GPM Tour de France, Paris (FRA)
1938 3° nella Giro del Veneto (ITA)
1938 1° nella Giro di Toscana (ITA)
1938 1° nella 2a tappa Giro d’Italia, San Remo (ITA)
1938 2° nella 10a tappa parte b Tour de France, Béziers (FRA)
1938 2° nella 14a tappa Tour de France, Briançon (FRA)
1939 1° nella Giro del Lazio (ITA)
1939 2° nella Giro di Toscana (ITA)
1939 1° nella Campionato Nazionale, Strada, Elite, Italia (ITA)
1939 3° nella 2a tappa Giro d’Italia, Genova (ITA)
1939 3° nella 3a tappa Giro d’Italia, Pisa (ITA)
1939 3° nella 14a tappa Giro d’Italia, Cortina d’Ampezzo (ITA)
1939 2° nella 15a tappa Giro d’Italia, Trento (ITA)
1939 3° nella Classifica Generale Giro d’Italia, Milano (ITA)
1940 1° nella Coppa Marin (ITA)
1940 2° nella Giro di Toscana (ITA)
1940 2° nella GP Leptis Magna (LIB)
1940 2° nella 3a tappa Giro d’Italia, Pisa (ITA)
1940 1° nella 15a tappa Giro d’Italia, Trieste (ITA)
1940 1° nella 16a tappa Giro d’Italia, Pieve di Cadore (ITA)
1940 4° nella Classifica Generale Giro d’Italia, Milano (ITA)
1947 3° nella Giro del Piemonte (ITA)
1947 3° nella 1a tappa Giro d’Italia, Torino (ITA)
1947 3° nella 3a tappa Giro d’Italia, Reggio Emilia (ITA)
1947 7° nella Classifica Generale Giro d’Italia, Milano (ITA)
1953 1° nella Coppa Signorini (ITA)


VILLA

Cicli Amleto Villa / Bici su misura / 1928 – primi anni 80 / Bologna

Fonti: “Amleto Villa: da 80 anni sotto le Due Torri (“Carlino Bologna”, 3.10.2008) / Troppebici blog

Ha collaborato con: Cimatti, Brambilla, F.llii Chiesa, Galmozzi

Palmarès: 1932, Olimpiadi di Los Angeles, medaglia d’Oro inseguimento su pista.

 

Il negozio e officina di biciclette Amleto Villa “Il paradiso delle biciclette” apre a Bologna nel 1928 e rimane punto il punto di riferimento per i ciclisti bolognesi per oltre settant’anni. Elegante, scorrevole, perfetta, stabile, buona”, erano gli aggettivi che Villa scelse per definire le sue biciclette.

 

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Era il periodo in cui si organizzavano molte corse su strada ed il ciclismo italiano produceva campioni. Amleto Villa capì che le bici da corsa gli avrebbero dato notorietà ed insistette su questa produzione. I fatti gli diedero ragione. Non bisogna trascurare il contesto petroniano di quegli anni: il gerarca Leandro Arpinati voleva una “Bologna sportiva”: perciò, oltre alla costruzione dello Stadio Comunale (il “Littoriale”), inaugurato da Mussolini il 31 ottobre 1926, furono incentivate le società sportive (Virtus, SempreAvanti…). Come dimenticare il grande successo della bolognese Ondina Valla che vinse l’oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936 (l’altra bolognese, Claudia Testoni, giunse quarta). Anche il ciclismo fu sostenuto ed emersero ottimi giovani atleti.

Nel 1932, cioè quattro anni dopo l’apertura del suo negozio, si svolsero le Olimpiadi di Los Angeles e, nella squadra italiana di inseguimento su pista, fu selezionato il giovane bolognese Marco Cimatti (1912- 1982), il quale correva su una bicicletta da corsa “Villa”. La squadra italiana vinse la medaglia d’oro e i cinque cerchi olimpici fecero sfoggio nella vetrina del negozio e nel marchio Villa. Cimatti, nel dopoguerra, aprì una fabbrica di biciclette. La produzione di cicli Villa proseguì e si intensificò.

 

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Marco Cimatti – Medaglia d’oro alle Olimpiadi di Los Angeles del 1932 nell’inseguimento su pista con una bici Villa.

 

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Bici da pista Villa, costruita da Francesco Brambilla nei primi anni ’30. Foto Frameteller
Bici “Stayer” Villa, metà anni ’30. Foto Frameteller
Bici Villa 1952 costruita da Umberto Chiesa con congiunzioni arabescate. Cambio Campagnolo Parigi Roubaix. Foto Frameteller
Bici Villa 1959, costruita da Chiesa, conservata. Foto Frameteller
Bici Villa 1965, costruita da Galmozzi, conservata. Foto Frameteller
Bici Villa 1967 costruita da Chiesa, conservata. Foto Frameteller
Bici Villa cosstruita da Galmozzi, fine anni ’60, conservata. Foto Troppebici
Bici personale di Villa, costruttore ignoto, primi anni '70, conservata. Foto Frameteller
Bici Villa costruita da Galmozzi, 1973. Foto Frameteller

VIRGINIA

Cicli Virgina di Orazio Grenzi / Biciclette su misura / Modena, Italia / 1962 – In attività

Fonti: intervista a Palmieri Marco, nipote di Orazio Grenzi e attuale titolare della Cicli Virginia

Invenzioni: sistema di fissaggio al tubo per il cavo del freno posteriore / bloccaggio pinze freni interno al telaio / fissaggio del deragliatore anteriore direttamente al telaio

Ha collaborato con: Paletti, Giuseppe Pelà

 

La storia di Orazio Grenzi, talentuoso e creativo costruttore artigiano di biciclette, purtroppo scomparso qualche anno fa, ce la racconta il nipote Marco che a 9 anni era già in officina con lo zio, poi corridore dilettante fino al 1985 quando ne ha rilevato l’attività.

In fuga dal 1962

Orazio Grenzi inizia da giovanissimo a lavorare presso alcune botteghe artigiane di biciclette modenesi. Nel 1962, raggiunta la necessaria esperienza, apre la sua officina, nella quale per tutta la carriera ha costruito biciclette esclusivamente su misura.

Il marchio “Virginia”, che in realtà è il nome della madre, appare sulle bici qualche anno più tardi. Come altri artigiani della zona come Luciano Paletti e Licino Marastoni, con cui ha anche collaborato, si è distinto dalla media sia per la qualità dei telai che per il livello di sperimentazione. Uno di quei costruttori che in officina erano sempre alla ricerca di una nuova soluzione per migliorare le prestazioni del telaio in acciaio.
Tra le invenzioni originali che oggi possiamo ancora ammirare sulle sue biciclette c’è il particolarissimo sistema di fissaggio al tubo orizzontale del cavo freno posteriore, realizzato con speciali asole in acciaio saldate al tubo che fermano una molla in alluminio per bloccare la guaina. Fù probabilmente il primo a saldare il deragliatore anteriore direttamente al telaio oltre a creare il bloccaggio delle pinze freno all’interno del telaio senza bullone, prototipi ripresi nello stesso periodo e in modo leggermente diverso, anche da Marastoni e successivamente presenti nei primi modelli costruiti per Luciano Paletti. La maggior parte dei telai sono costruiti con la scatola del movimento centrale realizzata da Giusppe Pelà.

Orazio Grenzi e Luciano Paletti

La vita di Grenzi si intreccia più volte con quella di un altro grande artigiano modenese, Luciano Paletti, il quale ha imparato prima da lui e poi da De Rosa i segreti del mestiere.
È sempre Grenzi a costruire telai per Paletti dal 1972 al 1975 quando, chiamato dall’imprenditore Eugenio Rampinelli (vedi Cobra&REG by Roto) a dirigere la 2T Tecnotelai di Bologna, vende l’officina di Vaciglio (Modena) proprio a Luciano che per qualche anno marcherà i telai con la doppia firma Grenzi/Paletti.
La contaminazione creativa tra i due artigiani continua anche dopo, anzi è proprio grazie al passaggio dell’attività che Paletti entra in contatto con il sig. Ognibene, l’ingegnere modenese che aveva collaborato con Grenzi nella realizzazione delle sue invenzioni e che sarà poi l’artefice della complessa ingegnerizzazione dei brevetti dei freni interni e dei cavi interni al telaio di creati da Paletti.

La 2T Tecnotelai, che è stata la prima azienda al mondo a costruire biciclette da competizione in serie, chiude qualche anno dopo per problemi economici. Grenzi torna quindi a Modena per riaprire la sua officina dove continuerà a costruire telai fino al suo ritiro nel 1987, lasciando al nipote Marco l’attività.

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Fregi Grenzi/Virginia in ordine cronologico da sinistra a destra.

Paletti strada 1971 con la doppia firma Virginia/Paletti.
Congiunzioni Nervex.

Dettaglio congiunzioni primi anni 70 

 

Virginia fine anni ’60

 

VIRGINIA GRENZI SUPER SPECIALISSIMA ROAD BIKE

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Virginia Specialissima 1973, conservata. Foto Frameteller

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Grenzi fù uno dei primi a trovare una soluzione per fissare la guaina direttamente al telaio, il sistema originale, ma non brevetettato, prevedeva molle ottenute per fusione che alloggiano all’interno di due asole saldate al tubo del telaio. Soluzione poi adottata anche sui telai costruiti per Paletti.

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Il primo (o uno dei primi) tentativo di deragliatore anteriore saldato direttamente al telaio.
Una soluzione simile fu realizzata anche da Marastoni.
Nel 1978 Luciano Paletti brevettò un sistema che permetteva la regolazione dell’altezza del deragliatore,

idea ripresa e brevettata da Tullio Campagnolo.

Evoluzione del deragliatore anteriore saldato al telaio. Da sinistra a destra: brevetto Campagnolo a fascetta,  prototipo Grenzi, brevetto Paletti, brevetto Campagnolo a saldare.

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Il sistema di bloccaggio delle pinze  freni  interno al telaio, sistema applicato da Orazio Grenzi e poi ripreso anche da Marastoni
ma già esistente fino dagli anni ’30. 

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grenzi-virginia-coda-rondine-forcelliniLa sagoma particolare e immediatamente riconoscibile dei forcelllini Virginia

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Virginia Specialissima 1973, conservata. Foto Frameteller

Virginia Specialissima 1973, conservata.

 

 

Virginia strada 1969 marcata Paletti. Scatola movimento Giuseppe Pelà. / Foto RD

 

Virginia strada costruito con congiunzioni Pelà

 

Virginia pista, congiunzioni 2T Tecnotelai Bologna

 

Virginia strada 1969. Scatola movimento Giuseppe Pelà.

 

 

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Telaio Virginia Course, primi anni ’70 / Foto bg.legendary.bikes

 

Virginia strada anni ’70, telaio con testa forcella e scatola Pelà / Foto da RD

 

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Virginia Competition  primi ’80 / Foto Emanuele Biondi

 

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Virginia Competition strada fine anni ’70 / Foto Frameteller.
La testa dei forcellini posteriori in queste anni prende una forma lunga e arrotondata
che diventa un ulteriore elemento di riconoscibilità dei telai costuiti da Grenzi.

 

 

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forcella7Particolare decoro in rilievo sui foderi della forcella

tubo sterzo2Congiunzioni arabescate lavorate a mano

tubo sterzo

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forcellini posteriori2Tipica testa dei foderi posteriori superiori nei telai di Grenzi negli anni ’80.

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Virginia Specialissima 1985, conservata. Tubazioni Columbus SLX / Foto Frameteller
Uniche le decorazioni a rilievo sui foderi della forcella e le congiunzioni arabescate.


VITALI

Diego Vitali / Biciclette su misura / Russi (Ravenna), Italia / 1974 – fine anni ’90

Ha collaborato con: Colnago, Chiorda, G.S. Salvarani, Martini Lugo

Fonti: Federico Vitali, intervista / “Bici come prima” Il foglio, 2008 di Piero Vietti / “Viaggio di studio”, 2009 Lucaconti.blogspot.it

Lungo la via Emilia, da Piacenza a Rimini, sono tanti i nomi famosi che hanno fatto shopping di idee e talenti nelle piccole officine dei maghi dell’acciaio, Cino Cinelli, Francesco Moser, De Rosa, Tullio Campagnolo, Shimano, Ernesto Colnago, solo per nominarne alcuni.
Colnago, geniale imprenditore, in particolare fu capace di recepire, e interpretare in scala industriale, le migliori intuizioni e scovare i più talentuosi  artigiani per dare forma a quelle innovazioni tecniche che hanno reso il suo marchio famoso nel mondo, tra le sue “scoperte” i fratelli Gozzi (Rauler) di Reggio Emilia per l’ideazione delle congiunzioni dell’Arabesque, Lino Messori di Modena per i primi tubi piegati (a mano), Martini di Lugo per nuove tecniche di verniciatura, la Ferrari per i nuovi materiali sintetici, fino ad inaugurare a Bologna un marchio parallelo: Colner.

All’occhio infallibile di Ernesto non potevano quindi sfuggire le capacità di Diego Vitali,anche se nascoste in una piccola bottega di Russi, piccolo paese della Romagna tra Ravenna e Lugo.
Il costruttore romagnolo riassumeva infatti tutte le qualità e le capacità dei migliori costruttori artigiani nell’era delle bici in acciaio, passione, competenza, pensiero laterale, ricerca continua della perfezione e dell’innovazione in ogni dettaglio, compresa l’inossidabile volontà di rimanere l’unico autore delle proprie creazioni, rifiutando così di delegare a terzi ogni tipo di produzione, e di fatto, anche ogni possibilità di allargamento dalla dimensione artigiana a quella industriale.

 

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Diego Vitali. Foto: archivio di famiglia.

Diego Vitali – Foto archivio di famiglia

 

Come anche Marastoni a Reggio Emilia, era capace di stare con la schiena piegata sul telaio con la lima per giorni, fino alla perfezione di congiunzione, ogni dettaglio, forse proprio per questo nella seconda metà degli anni ’80, Colnago gli affidò il delicato compito di costruire due prototipi in acciaio di un modello sperimentale, la Carbitubo, paradossalmente proprio il tipo di innovazione che portò da lì a poco al precipitoso declino delle bici in acciaio.

Oggi come ieri, ma ancora di più a quei tempi, per un piccolo artigiano in un piccolo paese di provincia, ogni nuova commissione era vitale per mantenere lavoro e famiglia, ma per artigiani come Vitali era a volte anche l’agognata possibilità di iniziare una nuova sfida. Nella costruzione di ogni telaio, quando il cliente era consenziente, immaginava e metteva in pratica sempre qualcosa di nuovo, per andare oltre al già fatto, per la bici più reattiva, leggera, veloce, moderna. Un approccio incompatibile con la produzione in serie, anche se di altissimo livello, di marchi ben più famosi.

Vitali: “Per fare le angolazioni di un telaio bisogna tenere presente che i corridori stanno sui pedali non sulla sella, questa al massimo la si accarezza, se ti metti a sedere… è finita.”

 

disegno telaio
Vitali disegno tecnico per bici da corsa, fine anni ’70 / Foto: The Bike Place

 

Diego Vitali, nasce a Russi nel 1924, già da piccolissimo è animato dalla passione per velocità e bicicletta, ma oltre a usarle vuole anche costruirle, appena finite le elementari comincia quindi a lavorare come garzone presso un officina meccanica del paese, dove in pochi anni riesce a costruire il suo primo telaio.
Compiuti i diciotto anni viene arruolato nell’esercito e mandato al fronte dove è fatto prigioniero per due anni dall’esercito tedesco, nel campo impara a saldare ma le condizioni sono molto difficili. Finita la guerra torna al suo paese natale ma è malato, il suo fisico non è in grado di lavorare; dovrà attendere tre anni di riposo e cure prima di poter tornare in officina.

Nel ’68 Luciano Pezzi lo chiama come meccanico alla Salvarani/Chiorda dove rimane fino al ’73 per costruire tutti i telai della squadra di Felice Gimondi, seguendola come meccanico in tutte le gare più importanti, Giro, Tour, Parigi-Rubaix, Fiandre.

 

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Vitali sull’ammiraglia segue Gimondi al Tour de France del 1968. Sulla foto il ringraziamento di Gimondi a Vitali.

 

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Nel ’73, quando la Salvarani chiude, sull’onda anche della reputazione acquisita Vitali acquista l’attrezzatura necessaria e apre a Russi la propria bottega artigiana per la costruzione di biciclette da corsa. Dalla sua prima bicicletta costruita a 11 anni, e fino alla fine della sua carriera di artigiano, Diego Vitali ne ha costruite 3.000, tutte da solo, tutte a mano, tutte perfette e ognuna con una propria anima.

Oltre alla cura maniacale del dettaglio una delle caratteristiche dei suoi telai sono le geometrie molto aggressive. Costruiti con una maschera di riscontro da lui disegnata, i telai avevano il carro posteriore molto corto e la forcella quasi verticale per essere più reattivi e scattanti, per questo erano richiesti dai corridori anche se non esattamente alla portata delle capacità di tutti.
Tale era la sua attenzione al dettaglio che arrivò a richiedere a Martini di Lugo di preparargli una vernice più sottile per rendere il telaio più leggero.

Vitali: “Questo mestiere è mi ha dato tante soddisfazioni e nonostante la fatica fosse tanta mi son divertito. La gente veniva qua, io gli prendevo le misure e gli facevo la bicicletta. Certe volte si stava a discutere per uno o due millimetri di differenza: perché se sbagli anche solo di un millimetro è tutto da rifare.
Tutte le bici che ho fatto le facevo come se fossero per me, quindi dovevano essere perfette. Sono stato appassionato da sempre, correvo anche, da giovane: questa passione ha sempre fatto sì che la fatica fosse in secondo piano. Oggi a mano le bici non si possono più fare, quelle che fanno in serie vanno benissimo. Il problema però è la bicicletta deve avere un’Anima.”

 

Nonostante mezzi e strumenti artigianali, spesso costruiti da solo, riuscì a sperimentare nuove soluzioni lungo tutta la sua carriera di costruttore, come prototipi di telai crono alleggeriti realizzati insieme al nonno di Alan Marangoni, ruote lenticolari realizzate con la tela delle vele per la nautica, o uno dei primi telai crono in acciaio interamente carenati come la “Spada” di Endurain, progetto poi tecnicamente realizzato ma abbandonato a causa del peso.

 

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Diego Vitali durante un intervista nel 2009 / Lucaconti.blogspot.it

 

In diverse occasioni, passione condivisa e profondo legame affettivo, rendevano “cavie” privilegiate delle bici molto performanti e impegnative bici Vitali, i sui nipoti e in particolare Federico, dilettante per 10 anni e poi professionista, quando il nipote da piccolo era in adorazione per Bugno gli costruì una bici identica, con gli stessi colori e adesivi; poi quando l’attenzione si spostò sulla Colnago di Fondriest gliene fece una con gli stessi tubi schiacciati a forma di stella, ovviamente a mano perché non esistevano in quelle misure. Alla vigilia di una gara in pista per il campionato italiano Federico ruppe la bici e il nonno gliene costruì una (perfetta, ovviamente) lavorando per 3 giorni senza pause, il telaio era color argento metallizzato, l’unico colore disponibile dal verniciatore Mercedes del paese assoldato d’urgenza.

 

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La bellissima bici da pista realizzata da Vitali per il nipote Federico.

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La reputazione di Vitali arrivò ben oltre i confini di Russi, molti i suoi clienti all’estero, in particolare da Germania e Lussembrugo, i quali si presentavano di persona nella sua officina per chiedergli “qualcosa di speciale”. Oltre alle bici in acciaio saldate con la tecnica della saldobrasatura fu uno dei primi artigiani in Italia a saldare con la tecnica a TIG, costruendo splendidi telai, anche in alluminio.
Chiuse la bottega, come tutti i suoi colleghi rimasti ancora in attività, con l’arrivo del carbonio.
A novant’anni girava con una Graziella con mozzi Campagnolo Super Record e p
urtroppo ci ha lasciato quest’anno (2017). La famiglia, i tanti amici ed estimatori mantengono viva l’anima dell’uomo e delle sue bici.

 

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1949 Vitali strada. Foto: Troppebici

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Vitali strada fine anni ’50.

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Vitali fine anni ’50 con nodo sella Georg Fisher

 

70s Vitali strada road bike. Details of the customized drop outs.
Vitali strada anni ’70.

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Vitali strada metà anni ’80. Foto: Archivio di famiglia

 

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Vitali strada fine anni ’70. Foto: The Bike Place

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Vitali telai saldati a TIG / TIG welded 80s Vitali road frames

 

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Vitali telai saldati a TIG / TIG welded 80s Vitali road frames

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CICLOLINEA

INDUSTRIE DI COMPONENTISTICA IN EMILIA-ROMAGNA

CICLOLINEA

Ciclolinea – by Publitre srl / Accessori per biciclette / Via del Cestello 13, Bologna, Italy / 1980 – In attività


Fonti: Archivio Ciclolinea


La Ciclolinea è conosciuta nel mondo delle bici da corsa per la qualità dei suoi nastri in resina sintetica. Dall’anno della sua apertura ha brevettato una vasta gamma accessori tra cui: tappi per manubrio, fanali, parafanghi, reggicatena, fermapiedi per pedali, portanumeri, portapacchi, pompe, bauletti e borse a tracolla, scudetti da apporre su abbigliamento sportivo, fasce tergisudore, bottoni fermacenturino per pedali.
Oltre ai propri prodotti firmati con il marchio Ciclolinea ha lavorato su commissione per grandi marchi come Colnago e Campagnolo. La Publitrè è anche proprietaria del marchio Giusti specializzato nel disegno e nella produzione di decalcomanie.

Nastro ciclolinea. Foto Ray Dobbins

Nastro telato brillante Ciclolinea. Foto Ray Dobbins

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ROTO - COBRA & R.E.G.

INDUSTRIE DI COMPONENTISTICA IN EMILIA-ROMAGNA

ROTO, COBRA & REG

ROTO & COBRA e R.E.G. by Roto s.r.l. / Accessori per biciclette / Monterenzio (BO) / 1972 – In attività


Fonti: Archivio ROTO


Invenzioni: deragliatore per per bici da ciclocross / cavalletto di sostegno per biciclette / parafanghi / borracce / kit di riparazione gomme


La Roto srl, aperta nel 1972 a Monterenzio in provincia di Bologna da Eugenio Rampinelli è Giorgio Antonelli, produsse e distribuì in tutto il mondo congiunzioni e scatole movimento centrale in acciaio con il processo della microfusione. 

A metà anni ’70 la Roto acquisì gli storici marchi di accessori per biciclette R.E.G. e Cobra, aziende i cui prodotti si sono distinti nel settore accessori e manutenzione, sia in Italia che all’estero. Antonelli è l’inventore del cavalletto per sostenere la bici sollevata da terra che permette di evitare la deformazione del tubolare, oggi ancora in produzione. Negli anni ’70 oltre ad alcuni modelli di deragliatore per bici da corsa simili all’Huret Svelto ma più leggeri e con un design più raffinato, crea il primo prototipo della storia di cambio per bici da ciclo cross, il mitico “manettone“, l’invenzione non brevettata verrà poi prodotta a livello industriale dalla Shimano, inducendo la Roto a desistere dalla produzione. Dopo questa esperienza l’azienda cambia puntando sulla plastica e in particolare sulla produzione di borracce, mercato nel quale è oggi ancora leader.

Il marchio R.E.G. fu acquisito dalla Roto a metà degli anni ’70, ed era specializzato nella produzione di fascette passacavi, pedali e serie sterzo, oltre a ottime congiunzioni in microfusione. Nel 2004 l’acquisizione anche dell’azienda Cobra, nata nei primi anni ’70 e famosa per la produzione di attrezzi da officina di alta qualità, oltre che borracce e rulli da allenamento.

Oggi la Roto lavora per marchi come Bottecchia, Torpado, Esperia, Atala, Coppi e Bianchi, i suoi prodotti, tra cui oggi anche banchi da lavoro, kit per la riparazione della ruota brevettati, borracce termiche, cavalletti bici da pavimento e da parete, sono distribuiti in tutto il mondo ed interamente prodotti in Italia. Alla guida dell’azienda è oggi il figlio del fondatore Mario Antonelli insieme alla moglie Anna Monti.

Forcellini posteriori ROTO

Testa forcella ROTO

Testa forcella ROTO (a destra) con i bordi di 2mm per accogliere i rinforzi dei foderi.

Scatole movimento centrale ROTO

roto blackDeragliatore Roto. Foto by disraeligears.co.uk

roto scorpionDeragliatore Roto Black. Foto by disraeligears.co.uk.

rotoDeragliatore Roto Scorpion, Foto by disraeligears.co.uk.

roto competitionDeragliatore Roto Competition. Foto by disraeligears.co.uk

cobra tools

cobra tools

Cassetta attrezzi professionali Cobra / Foto Layer Bike Comp.

HEADSET-COBRASerie Sterzo in lega leggera.

HEADSET-COBRA-2

borraccia-cobra-bottleBorraccia Cobra modello Profil personalizzato per Rossin.

chiave-cobraChiave per ruota libera.

$_57-1Strumenti per l’alesatura e la filettatura dei telai .

chiave-cobra-2Chiave movimento centrale.

wrench-cobraChiave per calotta movimento centrale.

ads-cobra-bikeLocandina attrezzi pubblicitaria.

$_57-3Portaborraccia.

Ferma cavi R.E.G.Ferma cavi in plastica R.E.G.

$T2eC16RHJGkFFmkvoO26BSPIpQMvc!--60_57

coprileva-regCopri leva in gomma R.E.G.

portaborraccia-regPorta borraccia R.E.G. in alluminio.

$_57-13Portaborraccia R.E.G. in alluminio.

fermacavi-regFascette fermacavi REG in alluminio.

 

 

 


BOLLEA E SALUZZO

INDUSTRIE DI COMPONENTISTICA IN PIEMONTE

BOLLEA E SALUZZO

B.S. E. BOLLEA & FIGLIO – SALUZZO / Componenti / Cuneo

Fonti: Camera di Commercio / Cicli Nicoletti Ettore

Ha collaborato con: Campagnolo

La ditta E. Bollea & FIglio (generalmente oggi chiamata Bollea e Saluzzo) compare per la prima volta come azienda di produzione di carrozze e selleria in un annuario del Regno d’Italia del 1892. A dimostrazione della eccezionale qualità dei suoi prodotti basti pensare che Tullio Campagnolo ne acquistò i diritti di produzione.

Il marchio B.S. ovvero Bollea Saluzzo viene registrato a Torino il 14 ottobre del 1935, per identificare i prodotti “biciclette, parti e pezzi staccati di biciclette, motociclette, motori, automobili, e veicoli in genere; bulloni, catene di trasmissione, ruote dentate, attrezzi e utensili per meccanici e cliclisti; utensili per la lavorazione dei metalli e legno”, prodotti dall’azienda.

In capo ciclistico B.S. raggiunge la notorietà nel mondo del ciclismo per i movimenti centrali e le serie sterzo, riconoscibili per il marchio B.S. inciso ed adoperate fin da subito da importanti marchi dell’epoca come la Cinelli di Firenze. Lo stesso Bartali esigeva dalla Legnano l’uso della serie sterzo B.S. al posto della Way Assauto, per la superiore precisione e qualità del materiale.

La Bollea Saluzzo raggiunse in campo ciclistico il maggiore successo nella produzione di attrezzi e utensili di altissima qualità per l’assemblaggio delle biciclette. L’attività della ditta continuò fino al 1958 quando cedette macchinari, giacenze e semilavorati del settore ciclistico a Tullio Campagnolo il quale, prima di commercializzare l’utensileria di propria produzione, distribuì quello che fu il primo embrione della famosa cassetta Campagnolo, una serie di utensili ancora marcati B.S. tranne la chiave per svitare i pedali siglata con la <C> a fianco del B.S.

 

Documento di deposito del marchio del 1935. In basso la dicitura riporta la cessione a Tullio Campagnolo nel 1958.

Annuncio pubblicitario Bollea Saluzzo

Serie sterzo B.S.

La chiave (n. 2) per lo smontaggio del movimento centrale BS pubblicata sulla rivista Cycling nel 1956.

Gli attrezzi per il montaggio del ciclo Bollea Saluzzo


O.M.A.S.

INDUSTRIE DI COMPONENTISTICA IN EMILIA-ROMAGNA

OMAS

O.M.A.S. Officina Meccanica Attrezzerie e StampaggioComponenti / San Lazzaro di Savena (BO), Italy / 1960 – 2015


Fonti: Camera di Commercio di Bologna, Classic Randezvous


Ha collaborato con: Campagnolo, Colnago e altri marchi di biciclette italiani.


Già dagli anni ’50 tra Modena e Bologna aziende del livello di Ducati, Ferrari e Lamborghini danno vita ad un importante distretto industriale per la produzione di motori per auto e motocicli, intorno al quale si crea un indotto di piccole e medie imprese artigiane in grado di offrire un altissimo livello di innovazione, design e qualità. Luciano Galassi insieme al socio Atos Capelli fondano la O.M.A.S. (Officina Meccanica Attrezzerie e Stampaggio) nel giugno del 1960 a San Lazzaro di Savena, (stessa località in cui ha sede anche la F.T. Bologna), nei primi anni la produzione è dedicata prevalentemente a carburatori ad alte prestazioni per aziende specializzate nella produzione di ruote in alluminio per auto e motocicli.

L’idea di produrre componenti speciali per biciclette nasce nei primi anni ’70 dalla collaborazione con la F.T. Bologna a cui si devono le caratteristiche innovative. Dato l’ottimo riscontro ottenuto dai componenti l’anno successivo l’azienda decide di investire in una vera produzione industriale di prodotti in alluminio e lega ultra leggera, i quali grazie al know how di altissimo livello del dipartimento interno di ricerca e sviluppo sulle più avanzate tecniche di metallurgia, ingegneria e controllo qualità, hanno da subito stabilito il nuovo standard industriale di eccellenza del settore a livello internazionale.
La qualità della gamma di prodotti, che comprende guarniture, serie sterzo, mozzi, cerchi, movimenti centrali e porta borracce, non passa inosservata a Tullio Campagnolo che gli commissionerà fino al 1977 la produzione di viteria in titanio, pedali e movimenti centrali per il gruppo Super Record. L’azienda ha cessato ogni attività nel 2015.

 Movimento centrale Cobra con asse in Ergal / Foto Frameteller

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Movimento centrale modello "Big Sliding", perno in titanio e cuscinetti sigillati.

Movimento centrale modello “Big Sliding”, perno in titanio e cuscinetti sigillati.

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Foto “battibecco”

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omas-crankset3Guarnitura OMAS in alluminio / Foto “battibecco”

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omas-heaset5 Serie sterzo OMAS “Big Sliding” strada 25,4×24 F in alluminio / Foto battibecco

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Ruote OMAS. Mozzi "Big Sliding" con perno in titanio e cuscinetti sigillati.OMAS. Mozzi “Big Sliding” con perno in titanio e cuscinetti sigillati.

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s-l1600-1 O.M.A.S. vite fissaggio freni in titanio.

s-l1600-5s-l1600-1 O.M.A.S. viteria freni in titanios-l1600-3 s-l1600s-l1600-1 s-l1600O.M.A.S. kit alleggerimento, viti reggisella in Ergal

s-l1600-3 O.M.A.S. portaborraccia in Ergals-l1600-4 s-l1600-7

1980 OMAS Catalogo / via Classic Randezvous

OMAS Catalogo 1980 / Classic Randezvous

OMAS 1979

OMAS, Pubblicità Serie Big Sliding, 1979.

OMAS 1984

OMAS, Pubblicità 1979

catalogo 1980 mozzi2

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CATALOGO-HUBS-OMAS

 OMAS Catalogo1978 / Foto Classic Randezvous

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catalogo ruote

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  1979 pubblciità OMAS / Foto Classic Randezvous


P.G.R.

INDUSTRIE DI COMPONENTISTICA IN EMILIA-ROMAGNA

P.G.R.

P.G.R. Perfezione Gradualmente Raggiunta / Cambi per bici da corsa  / Bologna, Italia / 1948 – 1953


Fonti: Bicicletta d’epoca n. 12 – 2015 / troppebici.wordpress.com


Duilio Accorsi fonda la P.G.R. a Bologna verso la fine degli anni ’40. Appassionato da sempre di cicli e meccanica lavora come operaio meccanico nell’azienda bolognese Sabiem, dove apprende le nozioni di sufficienti per lavorare in proprio sui cambi di velocità. Il primo cambio prodotto dalla sua azienda è molto simile al famoso Simplex ma più leggero e preciso. Successivamente uscì il cambio“Campionato italiano dilettanti 1948”, al quale campioni come Coppie e Bartali pare si siano interessati, a questo modelli seguirono cambi a parallelogramma anche se, come capitava spesso, senza nessun brevetto.

cambio-pgr-eroica2Comandi per cambio P.G.R. / foto troppebici.wordpress.com

cambio-pgr-eroicaCambio P.G.R. / foto troppebici.wordpress.com


F.T. BOLOGNA

INDUSTRIE DI COMPONENTISTICA IN EMILIA-ROMAGNA

F.T. BOLOGNA

F.T. Bologna – Gruppi speciali cicli corsa / Componenti speciali per bicicletta da corsa / San Lazzaro di Savena, BO, Italia / 1976 – 1984


Fonti: Intervista a Paolo Tullini, co-fondatore F.T. Bologna / Camera di Commercio di Bologna


Agonismo: Ritter tentativo del Record dell’ora / Moser Record dell’ora / Gruppo sportivo F.T. Bologna


Produzione di mozzi, movimento centrale e pedali con cuscinetti sigillati


Ha fornito materiale a Colnago, De Rosa e ai principali marchi italiani.


Nel gennaio del 1976 Paolo Tullini e Antonio Frascari, fondarono  la F.T.  Bologna. Tra le provincie di Modena e Bologna si era sviluppato uno dei più importanti distretti industriali di motori per auto e motocicli al mondo, aziende come DucatiMaseratiFerrari e Lamborghini crearono un’indotto di decine di piccole e medie imprese che, grazie ad un impareggiabile know how progettuale e tecnico nella lavorazione di parti meccaniche in lega leggera, portarono per la prima volta sul mercato prodotti di primo livello per innovazione, design e qualità anche nella tecnologia della bicicletta da corsa.

34 anni prima, nell’ agosto del ’42 era nato Paolo Tullini, la famiglia a causa della guerra era sfollata in una grande casa nelle campagne intorno a Bologna. Il padre di Paolo, appassionato ciclista – tra i fondatori del “Pedale Bolognese” una delle prime associazioni cicloturistiche italiane – andava ogni giorno al lavoro in banca in città in sella ad una bici da corsa Malaguti, al suo ritorno il piccolo Paolo era sempre lì ad aspettarlo per poter giocare con la pompa della sua bici, aveva sempre poco appetito e questo era l’unico trucco escogitato dai genitori per distrarlo e fargli mangiare qualcosa.

All’inizio degli anni ’70, Paolo pur occupandosi di finanza, coltivava da sempre una grande passione per la meccanica. Sono gli anni delle domeniche a piedi e dello sviluppo del movimento cicloturistico del quale fa parte anche Tullini; fu durante una di quelle pedalate che Paolo ritrovò Antonio Frascari con il quale si instaurò un rapporto di amicizia e scambio di idee su come poter migliorare le parti meccaniche delle biciclette. Dai progetti ai fatti il passo fu breve, decisero di cominciare dalla cosa più semplice da realizzare avviando la produzione di viteria in Ergal adatta ad alleggerire alcuni particolari Campagnolo, Cinelli e 3TTT commissionandone la produzione all’officina meccanica dello zio di Frascari.

All’arrivo ad Imola di una tappa del giro del 1973, Paolo conobbe  Ugo De Rosa impegnato nella messa a punto delle bici della squadra Molteni, era un’occasione unica e non se la fece scappare. Da quel giorno tra De Rosa e Tullini nacque un rapporto di reciproca stima professionale e amicizia che dura ancora oggi. L’anno successivo riuscirono nella ingegnerizzazione e produzione di una fondamentale intuizione di Paolo, il primo movimento centrale con asse in titanio incastrato tra due cuscinetti trasformando così un asse appoggiato, quindi di facile flessione, in un asse incastrato senza alcuna possibilità di flettere, il tutto corredato da una maggiore scorrevolezza. Per la realizzazione dei primi prototipi usarono cuscinetti di particolare dimensione forniti da una azienda francese specializzata nella produzione di cuscinetti a sfera di particolari dimensioni, mentre le calotte in alluminio Ergal e gli assi in titanio furono commissionati a piccole aziende di San Lazzaro di Savena. I primi test effettuati da vari meccanici tra cui Ugo De Rosa (il tutto con grande discrezione per non irritare il produttore più importante dell’epoca) riscontrarono da subito un grande successo,

A metà degli anni ’70 a viteria e movimento centrale affiancarono serie sterzo in alluminio con piste in acciaio trattato, sfere libere da 1/8, e mozzi con cuscinetti a sfera, sempre alleggeriti con elementi in titanio ed Ergal, creando così un kit di componenti per bici professionali di altissimo livello che diventeranno negli anni a venire uno standard in tutto il mondo.

Nel 1976 fondarono la società F.T. Bologna (Frascari/Tullini) così da poter avviare la richiesta di brevetto dei loro progetti. Tempo addietro a San Lazzaro di Savena erano entrati in contatto con l’officina di produzione meccanica OMAS di Luciano Galassi, con il quale stipularono un accordo verbale che prevedeva, una volta conclusa la fase di brevetto, la costituzione di una nuova società per la produzione e vendita di componenti meccanici per biciclette, nel frattempo la F.T avrebbe venduto i propri prodotti  fatturati dalla OMAS come prodotti e referenze F.T. , infatti quest’ultima era già conosciuta nel mercato ciclistico e aveva già una sua clientela di specialisti in biciclette da corsa.

Sollecitato alla costituzione della nuova società, Galassi informò Tullini e Frascari che non aveva intenzione di onorare la promessa e che l’F.T. non avrebbe potuto brevettare il movimento centrale su cuscinetti a sfere avendone  l’OMAS già fatturato un pezzo come articolo F.T.  (per esigere un brevetto il prodotto non deve essere stato prima commercializzato). A seguito di questo comportamento del socio di fatto, Tullini e Frascari si trovarono così a dover ricominciare tutto da capo, senza nemmeno l’esclusiva delle proprie idee. Nonostante le difficoltà i due soci comunque non si scoraggiarono costituirono la loro società F.T. srl e negli anni successivi realizzarono altri prodotti innovativi ispirati alla leggerezza così come i pedali con asse in titanio montato su cuscinetti a sfere.

La F.T. Bologna fu la prima azienda al mondo ad introdurre movimento centrale, mozzi e pedali con movimento su cuscinetti sigillati, usati dai più importanti marchi dell’epoca per le bici di alta gamma o reparto corse, campioni come Ritter  e Moser scelsero componenti FT per il tentativo di record dell’ora.  L’azienda collaborò a lungo con marchi importanti , molte le aziende dell’epoca che ne imitarono le innovazioni, anche se nella maggior parte dei casi senza eguagliarne la qualità, ad esempio il movimento centrale Campagnolo Super Record con asse in titanio essendo di costruzione tradizionale, con sfere ingabbiate, ma non incastrato in due coscinetti sigillati, si danneggiava più facilmente ed era più flessibile di quello prodotto dalla F.T.

Paolo Tullini si ritirò dall’azienda alla fine degli anni ’70 e per oltre vent’anni non volle più avvicinarsi al mondo ciclistico, fino al giorno che cominciò a cimentarsi nel restauro di vecchie bici R, passando poi alle bici da corsa storiche, e da allora ha scritto e pubblicato due manuali : “La Bianchi Tour de France” e “Le Bianchi Folgorissima e Parigi- Roubaix, oltre a due volumi scritti con Paolo Amadori – “Le bici di Coppi” ed “I sarti italiani della bicicletta” editi da Ediciclo.

L’azienda chiuse definitivamente nel 1984.

Modena, 10 marzo 1979 Brevetto industriale N. 1029008 per il movimento centrale con cuscinetti a sfere,
depositato da Francari Antonio e Tullini Paolo.

 

Paolo Tullini, co-fondatore della F.T. Bologna / Foto Frameteller

Pedali, mozzi, movimento centrale in titanio e cuscinetti a sfera, serie sterzo e vitera in Ergal, F.T. Bologna / Foto Frameteller

FOTO OMEGA/PENAZZO 1984 CITTA DEL MESSICO FRANCESCO MOSER IN AZIONE NEL RECORD DELL_ORA DI CILISMO - FOTO OMEGA/PENAZZO 1984 CITTA DEL MESSICO FRANCESCO MOSER IN AZIONE NEL RECORD DELL'ORA DI CILISMOFrancesco Moser in azione per il record dell’ora del 1984 a Città del Messico.
Sulla bici monta mozzi e movimento centrale in titanio F.T. Bologna / Foto Omega/Penazzo.

Screen Shot 2016-04-11 at 12.19.40

pedali Andrey SakharovPedali F.T. con perno in titanio e cuscinetti sigillati.

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ft-bottom-bracket3 ft-bottom-bracket Movimento centrale F.T. con perno in titanio e cuscinetti sigillati / Foto Battibecco

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mozzi in titanio2Mozzi F.T. con perno in titanio e cuscinetti sigillati.

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serie sterzo-ftSerie sterzo F.T. modello “Extra Rolling” in lega leggera.

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ss pantografateSerie sterzo F.T. modello “Extra Rolling” pantografati per Ernesto Colnago.

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